Favola per i bimbi della Valle Intelvi

C’era una volta, tra i sentieri che salgono verso il monte Mater, un albero gigantesco che pareva toccare le nuvole: era un faggio secolare, con la chioma larga come una piazza e le radici profonde come le storie più antiche. Gli anziani della Valle dicevano che aveva 860 anni, e che aveva visto passare eserciti, greggi, neve e aquiloni.

Tutti lo chiamavano Nonno Faggio.

Era rifugio per le caprette e le pecore durante le piogge, nido per gli uccellini nei mesi caldi, ombra silenziosa per i viandanti stanchi. Le sue fronde raccontavano favole al vento, e il suo tronco era così grande che servivano sette bambini con le mani unite per abbracciarlo tutto.

Ma un giorno accadde qualcosa che turbò il bosco intero.

Un signore col cappello rigido e gli scarponi neri – un tipo che non guardava mai il cielo – salì con dei grandi strumenti. Misurò il tronco, fotografò i rami, prese appunti su un taccuino. «Troppo grande, troppo vecchio» disse. «Potrebbe cadere. Dobbiamo abbatterlo.»

Il bosco ammutolì. Un usignolo fece cadere una piuma.

Il gufo sgranò gli occhi.

Le capre smisero di brucare.

Quella notte ci fu una riunione segreta sotto la luna piena.

Gli animali del monte Mater erano arrabbiati.

«Non possono tagliare Nonno Faggio!» strillò la cinciallegra.

«È lui che ci ha salvato durante la grande nevicata!» gracchiò la cornacchia.

«Ha ospitato le nostre cucciolate e ci ha parlato di stelle» disse il gufo.

Anche i mille insetti del sottobosco, le volpi curiose, i ricci timidi e persino un vecchio cervo con una cicatrice sull’occhio dissero la loro. La decisione fu unanime: il faggio andava salvato.

All’alba, quando gli uomini tornarono con le motoseghe, trovarono qualcosa di incredibile.

Il faggio era circondato: uccelli tra i rami, capre ai piedi, scoiattoli sulle spalle, cinghiali accanto alle radici. Una piccola bambina di nome Lia, in piedi davanti a tutti, teneva tra le mani un cartello di legno con scritto:

“QUESTO ALBERO È LA NOSTRA CASA. NON SI TOCCA.”

I taglialegna si fermarono.

Il signore col cappello rigido la guardò, poi alzò lo sguardo verso la chioma che danzava nella luce del mattino.

Era la prima volta, forse, che vedeva davvero un albero.

Poco dopo, se ne andarono.

Da quel giorno, vicino al tronco del faggio è comparso un piccolo cartello:

Albero Monumentale – Protetto da tutte le creature della montagna.

Ma chi lo conosce davvero, sa che è protetto anche da qualcosa di più grande: l’amore e il coraggio dei piccoli che non dimenticano la voce della natura.

E se un giorno ci passi, siediti un momento sotto le sue fronde.

Magari, come Lia, sentirai un fremito… e capirai che il cuore del bosco batte ancora.

Testo Manuela Valletti

Illustrazione Lumen

Indice di tutte le favole

Di VALLE INTELVI NEWS

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