(dedicata ai bambini della Valle e ai custodi della memoria della Terra)
Nel cuore del borgo di Scaria, tra i vicoli antichi e i profumi di erbe di montagna, c’era una casa speciale. Non era una casa come le altre: non si sentivano voci, né pentole sul fuoco… ma se entravi in silenzio, potevi udire il suono del tempo. Era il Piccolo Museo Intelvese dei Fossili, custodito con amore da due gnomi un po’ particolari: Marco, con una lente gigante in mano, e Betty, che aveva sempre con sé uno zaino pieno di misteri.
Marco e Betty non erano gnomi qualsiasi: erano Custodi del Tempo della Terra, e ogni giorno accoglievano i bambini della valle per mostrare loro le meraviglie nascoste sotto i nostri piedi.
«Guardate questo!» diceva Marco, mostrando un piccolo fossile d’ostrica. «Ha dormito nel fango di Osteno per milioni di anni!»
«E qui,» aggiungeva Betty, indicando un vassoio luccicante, «ci sono minerali che sembrano frammenti di arcobaleno. Alcuni si possono osservare col microscopio magico!»
Ogni visita era un’avventura: i bambini diventavano esploratori, con i loro taccuini, le lenti di ingrandimento e i cappellini da paleontologo. Il museo era piccino, ma bastava varcarne la soglia per viaggiare nel tempo fino all’era dei dinosauri o scivolare dentro una grotta piena di cristalli.
Un giorno, una bambina di nome Livia scoprì, nella via accanto al museo, una strana pietra tutta spirali. La portò subito a Marco e Betty.
«È un ammonite!» esclamò Marco. «Uno dei fossili più antichi del lago di Lugano!»
Betty sorrise. «Livia, hai fatto un dono al museo. Ma soprattutto, alla memoria della nostra Valle.
E così, ogni volta che un bambino entrava in quel piccolo museo, imparava che la storia non si trova solo nei libri, ma anche nelle pietre, nei fossili, e nei sorrisi di chi, con passione, la custodisce per gli altri.
Morale:
Anche le cose più piccole, come un fossile nascosto nella terra, possono raccontare le storie più grandi. E i veri musei sono fatti di cuori che amano condividere.
Testo a Manuela Valletti
Fonte Lumen
